Una distribuzione mirata

Oltre l’80% dei comuni italiani è privo di libreria. Ma il problema non si risolve con una politica economica finalizzata a dotarli tutti di un punto vendita specializzato in libri.
 
La non lettura sta diventando problema nazionale; nel documento «Per una riforma della legislazione sull’editoria», punto di partenza per la revisione della legge 416/81 si legge, a pagina 9: «La promozione della lettura, come forma-principe del consumo attivo di cultura, dovrà essere, a partire dalla scuola, la premessa e il fine di ogni politica di rilancio dell’editoria che non si limiti ad affrontare i problemi in modo riduttivamente settoriale e congiunturale». È difficile non essere d’accordo con una affermazione di questo genere; è ormai risaputo che gli indici di lettura sono correlati positivamente con tutti i consumi culturali e che elevati livelli di consumo di prodotti culturali sono caratteristici di paesi socialmente evoluti.
Più difficile appare la realizzazione di questo obiettivo: secondo gli addetti ai lavori si deve credere che le difficoltà provengano sia dal fronte della domanda che da quello dell’offerta.
Per quanto riguarda la domanda, la complessità del processo di acquisto e di lettura e la varietà di prodotti sostitutivi sembrano essere i motivi principali che spingono le persone a ridurre gradualmente dall’adolescenza in poi i consumi di libri; dal punto di vista dell’offerta, sovraproduzione, non sempre di qualità, scarso stimolo alla lettura da parte della scuola, carenza e malfunzionamento delle biblioteche di pubblica lettura, poche, con spazi inadeguati, non ben fornite, con orari e procedure di prestito bizantine, numero insufficiente di punti vendita di libri sono citati come i principali fattori frenanti. Difficile prendere posizione riguardo al prezzo; in generale, è vero che l’abbassamento del prezzo di un bene determina l’allargamento del suo mercato potenziale, ma non è chiaro se la riduzione generalizzata del prezzo di copertina dei libri abbia permesso una reale segmentazione del mercato e un suo allargamento significativo.
È probabile che tutti i fattori citati abbiano un peso significativo nell’ostacolare lo sviluppo del consumo di libri; l’affermazione che oltre 1’80% dei comuni italiani è privo di libreria – citata in dibattiti professionali, sulle pagine culturali di autorevoli quotidiani, oltre che nel già citato documento della Presidenza del Consiglio – lascia tuttavia un po’ perplessi, per il timore che ai responsabili della politica economica possa venire in mente che una possibile soluzione al problema sia rappresentata da un intervento finalizzato a dotare una buona parte dei comuni italiani di punti vendita specializzati nella vendita di libri. È opinione di chi scrive, invece, che la promozione della lettura – e quindi una crescita nei consumi di libri – possa avvenire solo in presenza dei seguenti fattori:
– interventi capillari a livello locale;
– iniziative promozionali attuate congiuntamente da attori di matrice diversa;
– interventi di modernizzazione nella distribuzione dei libri nei canali esistenti;
– allargamento delle tipologie di punti vendita che possono comprendere i libri nel proprio assortimento.
 
Per loro natura, i libri sono prodotti che permettono una segmentazione molto puntuale del mercato e quindi richiedono una distribuzione molto capillare sul territorio, per riuscire a raggiungere i pochi lettori sparsi cui lo specifico titolo è destinato; per il lettore, la complessità del processo d’acquisto è legata al fatto che deve trovare il titolo che cerca nella grande varietà presente sul mercato, ma al tempo stesso egli è stimolato a leggere e a consumare libri se l’assortimento del punto vendita o della biblioteca è sufficientemente ampio da permettere una scelta che dia soddisfazione. La promozione della lettura quindi può avvenire se sul territorio è presente un assortimento abbastanza ampio da poter soddisfare molti segmenti di mercato e abbastanza profondo da permettere una buona scelta all’interno di un dato argomento. Un assortimento ampio è necessario per avvicinare lettori potenziali, clienti occasionali, acquirenti d’impulso; la specializzazione permette di soddisfare i gusti dei forti lettori e di accompagnare la crescita del proprio mercato, in termini numerici e qualitativi.
Questo spiega in parte perché così tanti comuni italiani non abbiano una libreria e perché tante librerie di piccole dimensioni non siano riuscite a reggere il confronto competitivo con la grande distribuzione; il mercato è troppo piccolo per giustificare un assortimento ampio e profondo, ma un assortimento poco soddisfacente non attira clienti. Pensare di aprire una libreria in ogni comune d’Italia è costoso e improduttivo: è costoso perché ogni libreria richiede un investimento in magazzino di circa 200 milioni, è improduttivo perché queste librerie sono in massima parte destinate a chiudere dopo poco tempo.
Il problema diventa quindi: come garantire sul territorio una presenza di libri sufficientemente variegata da stimolare i consumi attraverso interventi di facilitazione poco costosi per il contribuente e che favoriscano comportamenti imprenditoriali? Per fortuna, esistono in molte province italiane esempi interessanti; in molti comuni le biblioteche di quartiere – o quelle dei comuni più piccoli – svolgono una funzione di avvicinamento alla lettura e di primo orientamento sui servizi offerti dal sistema bibliotecario, mentre la biblioteca centrale cui fanno riferimento svolge una funzione di coordinamento e mette a disposizione la ricchezza del suo patrimonio per richieste specifiche. La ripartizione dei ruoli ha senso e il sistema funziona perché le biblioteche sono fra loro collegate in rete e perché i meccanismi di prestito interbibliotecario non prevedono fatica e lunghi tempi di attesa per il lettore; i risultati sono positivi sia dal punto di vista della crescita sociale e culturale del territorio – perché il numero di prestiti per abitante è elevato e in crescita e le biblioteche sono frequentate e «vive» – sia perché i consumi culturali sono stimolati; dove una biblioteca di pubblica lettura funziona, anche le librerie vedono aumentare il proprio volume d’affari.
Altri esempi riguardano forme di promozione svolte congiuntamente da librerie, biblioteche e scuole su fasce di popolazione o su argomenti specifici; l’assortimento è garantito da libreria, biblioteca locale e biblioteca scolastica ed è probabilmente meno ricco rispetto alla situazione citata precedentemente, ma il mercato obiettivo è più limitato, la libreria può temporaneamente rifornirsi di titoli su argomenti di interesse del suo mercato e lo stimolo alla lettura e al consumo è fornito prevalentemente dalla scuola. Non è difficile, credo, generare consenso attorno a iniziative di questo tipo, anche se gli attori coinvolti sono di matrice e hanno finalità molto diverse. Il fatto che queste iniziative – riconosciute come di successo, attuate su base locale e ripetute nel tempo – non siano diffuse sul territorio nazionale in misura maggiore dipende in buona parte da due fattori:
– la rigidità del sistema di distribuzione dei libri;
– la mancanza di investimenti nell’informatizzazione del sistema di prestito e nel collegamento fra biblioteche su base locale.
 
Il sistema di distribuzione dei libri prevede diversi anelli: editore, distributore intermedio, grossista, libraio, i cui magazzini sono raramente informatizzati e ancor più raramente collegati con gli anelli a monte e a valle. A questo si aggiunga che i rapporti fra gli anelli sono più spesso di natura competitiva che cooperativa. Le conseguenze a livello di sistema sono numerose:
– l’efficacia e l’efficienza del sistema distributivo variano in funzione delle aree geografiche, perché dipendono dall’abilità dei singoli imprenditori più che dalla solidità del sistema distributivo nel suo insieme;
– esiste una duplicazione di attività e di ruoli fra anelli del sistema, con il risultato che le dimensioni medie delle aziende sono piccole e la redditività limitata;
– le eccezioni, i cambiamenti, specifiche iniziative promozionali sono costosi da programmare e da gestire e quindi non sono incoraggiati. In un settore con poche barriere tecnologiche e il cui mercato è composto da un’infinità di nicchie è economicamente sostenibile – da pochi attori – la gestione di pochi titoli ad alta tiratura invece che la ricerca della copertura di queste nicchie;
– i punti vendita al dettaglio non sono stimolati ad attuare strategie di differenziazione basate sul servizio, perché non sono in grado di controllare il flusso di titoli;
– è difficile pensare a una gestione economica dell’assortimento di libri in punti vendita diversi dalle librerie per i limitati volumi ordinati e per la necessità di effettuare un servizio al dettagliante sul punto vendita.
 
L’attività di prestito nelle biblioteche è labour intensive; è difficile pensare a una crescita significativa dell’attività di prestito se non accompagnata da una gestione informatizzata dei titoli e dei clienti; anche per le biblioteche, l’utilizzo dell’informatica nella gestione può portare a una razionalizzazione delle attività, un migliore servizio al cliente e una riduzione dei costi di gestione.
La promozione della lettura può essere ottenuta stimolando gli operatori esistenti ad agire insieme su iniziative specifiche – per esempio favorendo gli accordi fra società private ed enti pubblici – e promuovendo contemporaneamente una razionalizzazione del sistema distributivo; a quel punto, si spera, non sarà più necessario finanziare nuove librerie nei comuni d’Italia, perché saranno già nate da sole.