Manuali di felicità

Lezioni di vita tra precetti illuminati, perle di saggezza, misteri e profezie. Guide al successo, alla seduzione, alla corretta gestione del tempo. In una tale dispersione di varianti, emergono però alcune caratteristiche comuni: autori e guru si propongono come autorità generose, in grado di elargire consigli accorciando la distanza con l’interlocutore, e accompagnano la promessa del benessere con toni ottimistici, ostentando uri invidiabile sicurezza di avere in tasca la ricetta della felicità. L’invito a togliere, ridurre, selezionare, allontanandosi dall’edonismo dei consumi in nome di valori e piaceri più consistenti rimane ancora un’eccezione, e una virtù privata.
 
Come riparare l’impianto elettrico o il rubinetto che perde, come rendere più rigogliose le piante del terrazzo, quale ultimo paradiso scegliere per le vacanze (per poi vederlo trasformato in un inferno di turisti se il libro avrà successo), che dieta nuova ci farà tornare in piena forma senza deperire: a queste e a moltissime altre cose servono le guide e i manuali che abbondano nelle librerie sia reali che virtuali.
Manualistica e guide, oltre a rispondere a una somma d’interrogativi su «come si fa» (a fare, apprendere, viaggiare, lavorare, ecc.) in modo corretto e conveniente, rappresentano nel modo più esplicito una funzione importante del libro: la funzione pratico-strumentale.
Una parte cospicua della produzione editoriale corrente si presenta sotto il segno del servizio, in relazione a obiettivi, attività, aree d’interesse specifiche, ma non esaurisce del tutto la vocazione all’utilità del libro e della lettura, una vocazione che peraltro si tende a mettere in secondo piano rispetto alla componente ludico-estetica (fiction) o a quella speculativa e di studio (saggistica), molto più investite e culturalmente rilevanti.
In realtà, i libri – certi tipi di libri – ambiscono a «servire» in senso più ampio, slegato da finalità pratiche circoscritte. Tale carattere di utilità generale trova espressione in una produzione editoriale fiorente, difficile da delimitare con chiarezza, fatta di libri che non mirano a istruire il lettore in un preciso ambito d’esperienza (giardinaggio, idraulica ecc.), ma che intendono sostenerlo e aiutarlo a vivere meglio, nientemeno. A fare «buon uso del mondo», per citare il saggio recente di un filosofo italiano.
Il dato fisso è appunto la possibilità e la promessa di utilizzo, ovvero il fine pratico-applicativo, però su un territorio quanto mai esteso, variamente descrivibile: il benessere, la felicità, l’autorealizzazione, la qualità della vita, la padronanza di sé, il godimento, la capacità relazionale, l’autoconoscenza, il senso di sicurezza, la presa sulla realtà, il contenimento delle ansie, il coraggio, l’accettazione sociale, l’energia positiva, e altro ancora.
I termini che articolano il bisogno di vivere meglio pescano nel repertorio della divulgazione psicologica, della consulenza filosofica e in parte anche del pensiero religioso e spiritualista. Ciò che ci si aspetta dalla manualistica del «saper vivere» è un insieme di suggerimenti e istruzioni per migliorare tattiche e strategie del proprio stare al mondo, sia con gli altri che con se stessi.
E vero che usare al meglio i consigli ricevuti dipende solo dal soggetto che li legge (si parla infatti anche di «autoaiuto»), ma la credibilità e l’autorevolezza del consigliere, e soprattutto le sue certezze, hanno un ruolo essenziale nell’assicurare l’efficacia delle «istruzioni di vita». In modo implicito o dichiarato, l’autore si propone come autorità generosa, in grado di elargire consigli, insegnare qualcosa di sostanziale, guidare verso condotte positive e vantaggiose per il lettore desideroso di cambiare e di vivere una vita più soddisfacente.
Indubbiamente, si può vedere in questa figura un sostituto (meno critico e impegnativo) delle tante figure di terapeuti disponibili sul mercato della psicologia clinica, a cui si può ricorrere in un momento di travaglio individuale.
Ma vengono in mente anche autorità e guide spirituali molto più antiche e venerabili, i cui precetti di vita si davano a vedere nella forma del libro (Epitteto, Agostino, ecc.). E in fondo, gli stessi libri di fondazione delle religioni monoteistiche si possono considerare, tra le altre cose, come protomanuali, ricchi di perle di saggezza, suggerimenti e indicazioni, oltre che d’imposizioni e «comandamenti», su come vivere (e morire) in modo appropriato, dettati da un coach di eccezionale potenza e attendibilità.
Il problema del rapporto con Dio, nei manuali di «istruzioni per l’uso della vita» di oggi, non c’è più – o c’è solo marginalmente – ma il filone dell’esoterismo adotta sovente formule di tipo prescrittivo che si preoccupano di sistemare i conti con il sacro e il mistero, purché in modi prontamente spendibili nell’Hic et nunc. Trova la strada della tua coscienza, sottotitola la copertina de Le Regole della Libertà di Parker J. Palmer, mentre Debbie Ford, forte della sua esperienza di coach e d’insegnante, ci svela Il Segreto dell’Ombra per «comprendere chi siamo veramente e riconoscere la nostra essenza divina», e Avikal E. Costantino nel recente Le dimensioni dell’Essere (con dvd) ci fa accedere alla «Natura Essenziale: l’oceano di potenzialità che è nascosto in ognuno di noi».
Uscendo dalla cerchia degli appassionati del genere, misteri e profezie sono soppiantati da ben altre preoccupazioni: l’insicurezza, i timori di fallimento, l’assenza di futuro, l’isolamento nella folla, la confusione da eccesso d’informazioni, e via dicendo. E il pubblico delle fasce d’età più giovani a esserne investito, e quindi ad avvertire il bisogno di trovare appoggio, e possibilmente anche qualche «dritta», in questo o quel testo capace di toccare la corda giusta, pienamente corrispondente ai problemi cruciali della contemporaneità e al momento critico che si sta vivendo.
Diventa legittimo allora chiedersi quali sono i temi e i modi che caratterizzano la manualistica recente di autoaiuto «per vivere meglio», considerando che si tratta di una produzione libraria che in ambito anglosassone si è affermata e consolidata da parecchio (per esempio Come trattare gli altri e farseli amici, di Dale Carnegie, è del 1936), al punto da essere messa più volte in parodia (vedi Everything You Always Wanted to Know About Sex (But Were Afraid to Ask) di Woody Alien.
Un filone classico e molto seguito come la salute avrà senza dubbio subito importanti spostamenti tematici con il progredire della scienza medica e l’avvento di nuovi stimoli e motivi di curiosità, ma non sembra strutturalmente cambiato negli anni recenti. Più che altro, l’offerta è così sterminata da dare l’impressione di saturare tutto lo spazio disponibile e da far sospettare la presenza di atteggiamenti ossessivi sia nella ricerca del benessere sia nell’evitamento delle malattie. L’attenzione allo star bene non è solo egoistica, ma si arricchisce delle responsabilità della cura, dei bambini in primo luogo, ma anche degli animali domestici (vedi il recente Manuale Merck per la salute del cane e del gatto).
L’affollamento di titoli per tutti i gusti è imponente, stanti le diramazioni verso tanti altri rilevanti nuclei d’interesse (alimentazione, sport, bellezza ecc.), sempre all’interno di un ideale di benessere fisico interminabile, con processi d’invecchiamento rallentati o (patologicamente) negati.
La promessa di benessere fisico si accompagna di regola a toni di voce marcatamente ottimistici. Difficilmente viene evocato lo spettro della malattia fisica, e quando ciò accade è per rintuzzarlo seduta stante, come in La malattia ha le sue buone ragioni, ma le si può far cambiare idea, di Mario Frusi.
Molto più frequenti sono i toni francamente euforici, se non onnipotenti: ecco Paula St. Louis offrire In forma nell’età protagonista. Un programma di benessere totale per l’età centrale della vita e Fabrizio Duranti dettare Le 100 regole del benessere, mentre Gene Stone fornisce «25 piccoli grandi consigli per restare sani tutta la vita» (in I segreti di chi non si ammala mai).
E inevitabile però che l’utopia del benessere totale induca a moltiplicare e ingigantire gli elementi di rischio e di minaccia, che tendono a trasferirsi dalla sfera fisica a quella della psiche. Qui sì la fragilità non è più negata, bensì enfatizzata: abbondano i riferimenti alla condizione della malattia, o comunque a una somma di situazioni di disagio, sofferenza e insofferenza che limitano seriamente il benessere del soggetto.
La produzione manualistica che si occupa di salute psichica è imponente, ramificata, attenta nell’identificare i disturbi di moda e le preoccupazioni emergenti, per poi elaborare le sue semplici risposte e ricette salvifiche. Per quanto nella nostra società si siano diffuse e affermate le più disparate forme di psicoterapia, parallelamente a un processo avanzato di psicologizzazione del disagio di vivere (se ne lamenta più di un sociologo), rimane ancora tanto spazio – anzi, forse aumenta proprio per questi motivi – per l’editoria di autoaiuto. Anche una rassegna veloce dei titoli e dei temi principali permette d’intuire dove tira il vento per ciò che riguarda i bisogni, i desideri, le aspirazioni a vivere meglio del grande pubblico.
L’agitazione, la frenesia, il «nervoso» senza cause precise è un problema non certo nuovo (chi non ricorda Cynar e «il logorio della vita moderna»?), ma la pressione patogena della vita urbana (rumore costante, affollamento ecc.) lo amplifica a dismisura.
Ora però ci pensa Srinivasan S. Pillay con il suo La calma in tasca. Un metodo rivoluzionario per ritrovare la serenità e imparare a essere felici. A parte l’origine indiana dell’autore, possibile garanzia di competenze yogiche e meditative, il titolo ci chiarisce alcuni punti essenziali: la soluzione del problema – la calma – è a portata di mano; si può aspirare non solo alla serenità, ma addirittura alla felicità; la quale anzi può essere oggetto di apprendimento; il cambiamento non è cosa da poco, ma proprio per questo occorre il metodo rivoluzionario che il libro contiene e divulga.
In un altro caso Ritrovare la serenità (con dvd) significa superare la depressione attraverso la consapevolezza. La forma infinitiva, ricorrente nei titoli di molti manuali, suona come esortazione e incoraggiamento da parte di una figura benevola che cerca di toglierci fuori dalla confusione.
Il nodo che impedisce di vivere bene è in effetti rappresentato sovente – sia dai titoli sia dai potenziali lettori – come inconsapevolezza, mancanza di comprensione, offuscamento. La funzione del libro consiste allora nello spingere verso una qualche forma di rivelazione o di insight, così da scoprire potenzialità e parti di sé finora ignorate o neglette.
A cominciare dal corpo, depositario di una saggezza innata, da ascoltare e valorizzare (Franco Checchin, Le ragioni del corpo). Per non parlare del Linguaggio segreto del corpo. La comunicazione non verbale (Anna Guglielmi), da imparare per conoscersi meglio, oltre che per capire le intenzioni e i sentimenti degli altri.
Anche Sviluppa la tua personalità. Come capire gli altri conoscendo se stessi è un titolo che evidenzia come, nella percezione comune, l’espansione di sé sia legata alla capacità di orientarsi nella vita sociale d’oggi, peraltro sempre più «liquida», indecifrabile, insidiosa. Tant’è vero che bisogna innanzitutto apprendere a non farsi ingannare dagli altri, sviluppando speciali capacità di osservazione e penetrazione, come quelle che «il famoso mentalist tedesco» Thorsten Havener (così, la sinossi su un sito di vendite on line) decide di condividere con noi in So quel che pensi. Ma Joe Navarro è ancora più esplicito nell’evocare la necessità di difendersi dalle manipolazioni altrui: Non mi freghi!, dice o pensa l’autore, ex agente FBI, assicurandoci di poter diventare più furbi dei furbi.
Va osservata, di passaggio, un’altra caratteristica dei testi di autoaiuto: la vicinanza alla lingua parlata di molti titoli, che cercano di accorciare al massimo la distanza tra autore e interlocutore, mettendo quest’ultimo a suo agio e dando appunto l’illusione di un dialogo a tu per tu, tipico delle situazioni di colloquio clinico o della conversazione tra amici.
A volte si sottolinea semplicemente l’importanza del cambiamento a cui si può puntare. La promessa comune è la svolta da imprimere alla vita nel suo insieme, che fino a quel momento è stata povera, insoddisfacente, mediocre, messa da chissà quando su una strada sbagliata.
Non sono pochi i titoli che si sbilanciano in tal senso, mostrando un’invidiabile sicurezza di avere in tasca la ricetta della felicità. Richard Bandler, per esempio, guru della PNL, un tempo assai in voga nella formazione aziendale, invita a vivere «la vita che desideri». Ne fa cioè una questione di scelta individuale, spiegando nel sottotitolo di un altro libro Perché alcune persone vivono felicemente e altre no. Nelle copertine dei due testi citati campeggiano in corpo grande le parole «PNL» e «libertà» («Scelgo la libertà», recita il titolo più recente).
La prima persona singolare – altro tratto ricorrente – si trova anche in Mi merito il meglio (di Lucia Giovannini), un titolo che contiene l’invito implicito a volersi bene, subito completato da un invito più manifesto, in seconda persona, da parte dell’autore: Sii in pace con te stesso e scegli di essere felice. Di nuovo, si fa intendere che il cambiamento in fondo è questione di volontà. Purché ci sia l’aiuto giusto e un’autentica disponibilità individuale al cambiamento, è possibile vivere Putta un’altra vita (altro titolo colloquiale, pane al pane, di Lionel Shriver).
Per raggiungere il punto di svolta bisognerà aver superato le ambivalenze e i conflitti interni che impantanano il soggetto nella sua vitina attuale. Nel contempo, è piuttosto frequente, nei titoli e nei testi, il tentativo di ridimensionare gli ostacoli che impediscono persino d’immaginare una via d’uscita. Gli autori si rivolgono al lettore come a un soggetto ancora acerbo, a cui manca l’appoggio di un’autorità paterna buona, non distanziante, disposta a interessarsi a fondo dei suoi problemi.
Invariabilmente, gli autori si presentano come figure forti e positive, in possesso di un’arte di vivere che appare fuori discussione. Anzi, l’autore tende a diventare il testimonial del proprio messaggio di liberazione: l’aspetto curato, la faccia sorridente, il suo stesso successo editoriale parlano di compiuta autorealizzazione e inverano le formule di vita migliore contenute nel libro.
Ci vediamo sulla cima. Sei nato per vincere!, titola un libro di Zig Ziglar di qualche anno fa, che c’incoraggia a raggiungerlo lassù, Over The top (altro suo titolo), da dove certo si gode una vista migliore. Al libro che ci solleverà dalla morta gora si associano spesso materiali audiovisivi in cui l’autore si mostra e parla direttamente al suo pubblico, potenziando gli effetti suggestivi del testo scritto. Ma non mancano iniziative anche più ambiziose e coinvolgenti, come i seminari e i corsi di formazione, dove – pagando di più, s’intende – sarà possibile conoscere dal vivo l’autore, che a quel punto assume il rango del guru, del caposcuola, del mago, o dello «scrittore, insegnante, life coach e oratore motivazionale», come si definisce uno di costoro.
Siamo a un passo dal gruppo di tipo esoterico o settario, e la produzione manualistica del vivere bene ne reca traccia. Ecco per esempio i libri di Rhonda Byrne, così pubblicizzati: «The Secret ti ha fatto scoprire i segreti della legge di attrazione. Ora Rhonda Byrne torna con The Power per rivelarti la più grande forza dell’universo: il Potere di far tutto ciò che vuoi». O The Opus. La visione (sottotitolo: Realizza i tuoi sogni! Diventa l’artista della tua vita), di Douglas Vermeeren. Oppure La chiave della legge dell’attrazione. Il metodo Canfield per creare la vita dei tuoi sogni. O ancora, Zero limits. Lo straordinario sistema hawaiano per gioire di una vita meravigliosa in cui tutto è davvero possibile.
I fantasmi negativi riconoscibili in trasparenza dietro questi messaggi di euforia sono l’isolamento, il senso di chiusura e imprigionamento, la percezione d’impotenza. La promessa comune è di capovolgere tali situazioni o comunque di creare una discontinuità rispetto alla vita mediocre condotta in precedenza.
Per chi vuol dare più concretezza al processo rivoluzionario, con risultati tangibili all’esterno, viene precisata la direttrice principale del cambiamento.
Due sono le corde toccate più di frequente: la capacità di emergere nella competizione sociale e il fascino personale, da sperimentare soprattutto nella vita amorosa.
Nell’ambito del business ci si può affidare a Il ruggito della mucca viola. Ci vuol coraggio per farsi notare, la cui presentazione avverte che «oggi bisogna essere straordinari, straordinariamente innovativi, motivati e autentici. Ma come? Per illustrare quest’idea, Seth Godin ha riunito un gruppo di menti originali e creative».
In modo più perentorio, Jim Collins enuncia la sua filosofia dualistica: O meglio o niente. Come si vince la mediocrità e si raggiunge l’eccellenza, senza lasciare alcuno spazio a vie di mezzo o ambivalenze di alcun genere. Richard Templar è più didascalico: suggerisce di Vivere con stile. Il codice del successo, proponendo modelli imitativi di saper vivere e dettando «100 regole» per arrivarci (racchiudere i precetti in una cifra tonda è sempre un buon espediente).
Ma non va dimenticato il potere di seduzione, ovviamente da esercitare «sulle donne più belle», che può essere incrementato mediante il Metodo Mystery, di cui è maestro Chris Odon, che si descrive come «massimo artista mondiale del rimorchio, […] ciò che più si avvicina a un Casanova dei nostri tempi (anche se l’ho già surclassato in numero di conquiste)». E non bisogna disperare, anche se al momento le cose non vanno tanto bene. Dimentica i due di picche. Diventa un asso di cuori, raccomanda Andrea Favaretto, altra autorità sull’argomento.
Sono pochi i casi che non si concentrano su questi due capisaldi della realizzazione di sé, il successo e la seduzione, per dedicare qualche attenzione ad altre aree problematiche che possono limitare la pienezza della propria esperienza di vita.
Due autori tedeschi, Friedrich Asslander e Anselm Grun ci provano, dedicandosi a un argomento più di base: la corretta gestione del tempo, che trattano come una precondizione del successo e della gioia di vivere in Non ho tempo. Carte di averne di più e vivere meglio. Come in altri casi, il titolo parte da una frase comune, rivelativa di un disagio da ingorgo di attività, non sempre irrinunciabili, che stipano il proprio tempo di vita e rischiano di farne perdere il controllo.
La condizione del troppo pieno e il bisogno di riprendere in mano la propria vita è messa in risalto anche in La sfida delle 100 cose, [di nuovo, l’elenco e il numero magico] Come mi sono liberato di quasi tutto, ho ricostruito la mia vita e mi sono riappropriato della mia anima (di Dave Bruno). E uno dei non molti titoli che assegnano al tema dei consumi una posizione centrale rispetto al bisogno e alla prospettiva di vivere una vita migliore. Vengono presi di mira il materialismo consumista e l’affollamento di oggetti superflui che infestano l’habitat (e l’immaginario) della gente comune.
L’invito a togliere, ridurre, selezionare, allontanandosi dall’edonismo meccanico e superficiale dei consumi in nome di valori e piaceri più consistenti, può apparire anomalo, ma forse indica una tendenza alla maggiore sobrietà, destinata a rafforzarsi negli anni a venire.
Certo è che nel sentire comune l’autorealizzazione – parola alquanto dubbia e antipatica, che però rimanda a un imperativo di godimento e successo a cui pochi si sottraggono – non è quasi mai messa in relazione con la sottrazione, il senso del limite, il giusto mezzo. La concezione dominante della realizzazione di sé, ovvero del vivere bene comunemente inteso, non è certo in levare. Premia e promuove invece l’affermazione, la competizione, il massimo godimento, l’assertività, l’energia, la scalata sociale, lo sfruttamento di tutte le occasioni, il consumo e il riempimento del tempo e dei rapporti. La dilatazione dell’ego e il narcisismo, si potrebbe aggiungere a mo’ di sintesi.
I manuali per vivere meglio non possono che adeguarsi. Difficilmente vi troveremo istruzioni ed esortazioni alla mitezza, alla dignità, alla compassione, alla gentilezza, alla gratitudine e a tante altre virtù, più classiche che romantiche, oggi poco praticate.