Tante piccole librerie di strada

L’impressione è che l’ingresso nel mercato editoriale dei libri allegati a quotidiani e periodici non abbia cambiato poi molto il quadro generale. La percentuale dei lettori non pare essersi modificata in maniera sostanziale e il successo delle diverse iniziative – tante (troppe?) – ha l’aspetto di una bolla già scoppiata. Ma è proprio così? Editori, edicolanti, e forse anche gli stessi lettori, potrebbero non essere del tutto d’accordo: l’allegato, infatti, è stato capace di far convergere su di sé lettori tanto diversi, e non solo medio-forti.
 
La pistola di Tex puntata su un intimorito Adso, la Milano di Scerbanenco che confina con la Londra misteriosa di Augias, il lupo bianco del Canada che tende un agguato a Geronimo Stilton, Grace Kelly che ammicca a un piatto di orecchiette alle cime di rapa. Dal 2002 a oggi, da quando cioè «la Repubblica» lanciò la collana di narrativa «Novecento», una sterminata varietà di opere fa bella mostra di sé negli spazi esigui delle edicole di tutta Italia, spingendo i giornalai ad acrobazie da consumati vetrinisti per garantire visibilità a una messe imprevista di narrativa, poesia, guide turistiche, enciclopedie, fumetti, libri d’arte, da acquistare insieme a quotidiani e periodici e andata ad affiancare i prodotti tradizionali del canale. Un raccolto che, al 2007, ha fruttato circa 367 milioni di copie vendute in sei anni (fonte: Ufficio studi Aie).
Sulle prime, al momento della contrattazione per i diritti, gli editori librari hanno guardato con diffidenza all’operazione e, dopo il lancio, parecchi librai si sono allarmati temendo un calo vertiginoso del fatturato; poi – quando, tirate le somme, si è appurato che nel 2003 il settore, vendite congiunte escluse, registrava un segno positivo – molti operatori hanno cominciato a sperare in un possibile allargamento della base dei lettori. Infine, una certa delusione ha preso a serpeggiare vedendo che il fenomeno sembra non mutare nella sostanza le dimensioni del bacino di quanti leggono almeno un libro l’anno.
Eppure, qualcosa è cambiato. Innanzitutto per gli editori, quelli di giornali e periodici in primis.
«Nel panorama italiano» spiega Lorenzo Fabbri, professore di Teorie e tecnologie per l’informazione locale alla Sapienza di Roma «i quotidiani sono sempre stati prima di tutto organi di opinione e di informazione strettamente legati alla politica. Da circa quindici anni, invece, sono diventati imprese culturali, capaci di guardare al mercato della comunicazione e della cultura a trecentosessanta gradi. E i collaterali sono un buon esempio di questa trasformazione.»
Vero è che l’antesignano degli allegati editoriali non gadget era stato Walter Veltroni con «I libri dell’Unità», collezioni vendute obbligatoriamente assieme al giornale fondato da Antonio Gramsci (ma non più, appunto, giornale del Partito comunista italiano). Si trattava però di libretti brossurati, dalla carta scadente, con copertine a predominante carattere tipografico, acquistabili con un sovrapprezzo estremamente basso (800 lire prima, 1.200 poi) – caratteristiche che li rendevano omologabili ai supereconomici – e promossi quasi esclusivamente dalle pagine di «l’Unità».
I volumi che esattamente dieci anni dopo escono in edicola per la «Biblioteca di Repubblica», al contrario, sono confezionati con copertina rigida e sovraccoperta e hanno l’aspetto delle novità che si trovano in libreria, una buona carta, un prezzo conveniente in rapporto alla qualità, ma non irrisorio (4,90 euro oltre a quello del quotidiano). Soprattutto – qui sta forse la differenza più sostanziale – possono godere di una campagna di lancio e mantenimento assai più strutturata e diversificata, il cui punto forte risiede nell’articolazione multimediale del gruppo stesso d’appartenenza del quotidiano. Così, oltre alla pubblicità sulle pagine di «la Repubblica» e ad articoli di presentazione dei romanzi per mano delle firme più prestigiose del giornale, gli allegati si avvalgono della cassa di risonanza del settimanale «L’Espresso», di un network radiofonico, di Repubblica.it, primo sito di informazione del paese, oltre che di alcuni prestigiosi periodici e di una serie di quotidiani locali.
L’obiettivo iniziale dell’operazione puntava sì a compensare le minori entrate dovute alla crisi del mercato pubblicitario, ma non tanto attraverso margini di guadagno diretto, quanto piuttosto in virtù di un rafforzamento della fidelizzazione al Gruppo da parte dei lettori di riferimento di «la Repubblica». «Quando abbiamo progettato la prima collana della “Biblioteca”» ci confermano dal Gruppo L’Espresso «non pensavamo certo di raggiungere quei risultati. Miravamo piuttosto, e miriamo ancora, a rinsaldare i nostri lettori, perché s’identifichino sempre più nel brand, in quello che noi chiamiamo “sistema Repubblica”. Un sistema in cui tutte le parti, seppure autonome, si integrano fra loro creando una vera e propria sinergia.» I risultati sono eloquenti: dal 1999 al 2006 la media settimanale di lettori e ascoltatori è passata da 22 a 33 milioni (fonte: Gruppo Editoriale L’Espresso).
In particolare, per quanto riguarda i libri in allegato, la realtà ha ampiamente superato le più ottimistiche aspettative (con una media di venduto superiore alle 475mila copie per ognuna delle cinquanta uscite della collezione «Novecento»), a tal punto che tutti i maggiori quotidiani e periodici, e tante testate locali, hanno seguito l’esempio e che le vendite congiunte rappresentano ormai una quota importante del fatturato, e una componente strutturale, dei grandi gruppi giornalistici.
L’offerta dei volumi proposti, nel frattempo, è molto mutata: già nel 2004 la letteratura non costituisce più l’unico mare, e neppure il principale, in cui gettare le reti: le grandi opere generaliste conquistano il settore, per poi virare negli anni seguenti verso temi specifici, dalla salute all’arte alla cucina, o verso un pubblico più definito, per esempio quello dei ragazzi. Nel 2005, anno che rappresenta il picco di sviluppo degli allegati, crescono i titoli mentre si contrae la vendita media di ogni uscita, e fatalmente i prezzi aumentano (sicché alla fine dell’anno, per un volume di copie di poco superiore al 2004, la crescita in valore è quasi del 12%; fonte: Ufficio studi Aie). Oggi il costo medio degli allegati si è stabilizzato intorno ai 9,90 euro – con la gran parte delle enciclopedie fissa sui 12,90, gli hardcover attorno ai 7,90, ma con punte che arrivano a 9,90, e i romanzi in brossura fra i 4,90 e i 5,90. Oltre all’aumento dei prezzi, questo indirizzo di sviluppo – moltiplicazione delle proposte in generale e, in particolare, delle opere di reference – porta con sé alcuni cambiamenti rilevanti. «Le case editrici che si occupano di creare contenuti ad hoc per il settore, come Mondadori/Electa o De Agostini» ci spiega Stefano Peccatori, responsabile delle vendite congiunte per Mondadori «hanno dovuto costruire una redazione apposita. Per dare un’idea, solo la nostra ha pubblicato nel 2007 qualcosa come 57mila pagine.»
L’impressione, tuttavia, è che i maggiori cambiamenti di questo slittamento si registrino sul fronte dei lettori. La sinergia multimediale cui tendono i gruppi editoriali, infatti, non fa che rispondere alle attitudini dei lettori, sempre più multicanale e multiprodotto (il rapporto annuale condotto dal Censis nel 2007 relativo a Comunicazione e media evidenzia come sul totale della popolazione «entrata in contatto con la stampa d’informazione quotidiana» il 30% legga sia giornali a pagamento sia free press, 1’ 11% circa si rivolga sia a quelli a pagamento sia a quelli online e un 13 % a tutti e tre i tipi; secondo l’indagine Nielsen presentata alla Fiera del Libro di Torino nel 2007, il 74,4% degli acquirenti di libri acquista almeno due contenuti culturali). Con i volumi in allegato, si è visto, quotidiani e periodici si rivolgono espressamente al proprio pubblico di riferimento, nei confronti del quale si fanno garanti della bontà e validità della proposta, sia essa un’opera a carattere enciclopedico o riferibile a un canone letterario. Ciò risulta evidente sin da una semplice scorsa ai collaterali di «La Gazzetta dello Sport», per fare un esempio fra i più evidenti, dove a primeggiare sono le iniziative a contenuto sportivo o affine (si pensi all’enciclopedia medica a cura della Fondazione Veronesi) e dove, anche quando si sconfina, la svagatezza che contraddistingue la proposta strizza esplicitamente l’occhio a un pubblico maschile e piuttosto giovane (la raccolta di ricette curata da Gambero Rosso, per esempio, ribaltando il celebre e antico spot «Con Nelsen piatti, li vuol lavare lui», è intitolata «Cucina ci penso io»). Come scrive Lorenzo Fabbri nel suo volumetto I quotidiani: politiche e strategie di marketing (2007), «è proprio la creazione di un sistema di coerenze tra l’identità della testata, il profilo dei lettori e il tipo di prodotti culturali a essi proposti la vera chiave per il successo delle politiche di brand extension».
Ricerche diverse confermano a loro volta che i collaterali hanno fatto tra gli acquirenti di libri medi e forti (e con una cultura e una disponibilità economica più elevate) una maggiore presa che tra i deboli. Ciononostante, guardando da vicino le indagini commissionate da Mondadori a Ipsos nel 2003 e nel 2005 si vede che, se l’affermazione è vera in assoluto, è altrettanto vero che un terzo degli acquirenti deboli ha comprato almeno un volume in allegato. Anche l’indagine annuale Istat riferita al 2003 conferma che un 1% circa sul totale della popolazione sarebbe stata acquisita ex novo al mercato librario. I collaterali, forti del successo delle vendite e dei media al loro servizio, hanno contribuito a porre il libro sotto i riflettori, all’attenzione generale e, forse ancor più, la promozione concentrata sulla collana – anziché su singoli titoli (che infatti, in allegato, funzionano meno bene delle collezioni) – deve aver esercitato una forte attrattiva ben al di là del pubblico per cui era stata pensata, su molti lettori deboli, morbidi e, in generale, lettori che non acquistano in libreria. Fascino incrementato, per molti di loro, dalle grandi opere – che, oltre a rappresentare un prodotto prestigioso e utile per i figli, ripropongono la formula del rateale con prezzi assai più vantaggiosi. «Ho l’impressione che all’inizio, con la narrativa» precisa Peccatori «gli acquirenti fossero per la maggior parte lettori forti, mentre con le opere di reference sia stata attratta anche una fetta dei lettori deboli.»
Osservando i dati delle vendite dirette, si assiste infatti a una flessione nel rateale così come nella vendita per corrispondenza (rispettivamente accusano una perdita in valore quasi del 4%, fra il 2004 e il 2006, e del 3%, fra il 2005 e il 2006; fonte: Ufficio studi Aie). Purtroppo le percentuali fra il 2003 e il 2004 non possono essere direttamente confrontate per via della differenza dei parametri e dei raggruppamenti utilizzati. Ancora più sensibile è il calo dei collezionabili venduti in edicola, che fra il 2004 e il 2006 registrano un -19,4%. Al di là delle grandi opere, a ogni modo, se si guardano le vendite dei libri da edicola (gialli, rosa, fantascienza ecc.), ci si accorge che nello stesso periodo la perdita in valore raggiunge addirittura il 34,8%. Per comprenderne la ragione bisogna indubbiamente cercarvi lo zampino della grande distribuzione, tuttavia l’ultima indagine quinquennale sulla lettura dell’Istat (2006), se confrontata alla precedente (2000), registra fra i lettori morbidi un calo di gialli, polizieschi e fantascienza dell’1,2% – una cifra molto significativa se si tiene conto che a livello complessivo il genere giallo/noir conquista consensi con un incremento del 24,9%. Più contenuto, ma comunque degno d’interesse, il minor consumo di romanzi rosa sia fra i lettori morbidi (-1,5%), sia sul totale dei lettori (-1%. Però questa percentuale probabilmente cresce se si considera solo la narrativa rosa tradizionale. Un possibile segnale in tal senso è dato dalla decisione presa negli ultimi anni dalla Harlequin Mondadori Spa di affiancare agli «Harmony» una collana di chick lit e una di woman fiction, diversificando anche le vendite nella Gdo e in alcune librerie, ma senza con ciò riuscire a contrastare davvero la lieve eppure indicativa flessione nei ricavi di vendita; fonte: Gruppo Mondadori). Le iniziative delle collane rosa (o, più correttamente, neorosa), come i libri di Danielle Steel o di Sveva Casati Modignani, vantano invece nel panorama degli allegati in brossura risultati positivi (tanto che, per esempio, «Donna Moderna» ha riproposto alcuni romanzi della scrittrice italiana a distanza di due anni). Cifre che, sebbene siano il risultato di più fattori, paiono nondimeno testimoniare un parziale riversamento dei lettori più deboli o meno consapevoli sui prodotti collaterali.
Anche i dati relativi alla lettura nel 2007 ribadiscono la minor penetrazione dei libri in allegato fra questi lettori e lo scarso allargamento della base dei lettori complessivi (ultime indagini Ipsos e Istat). Occorre però aggiungere, come peraltro è già stato fatto notare, che quegli acquirenti deboli – lettori di non più di tre libri l’anno o morbidi – che hanno comprato opere di reference non sono necessariamente destinati a entrare nel computo dei lettori dell’anno seguente, per via del carattere di consultazione proprio di quei volumi. Se è certamente difficile riuscire ad attirare in modo durevole questa fascia di popolazione (il rapporto dell’Aie specificava, a ragione, che l’l% conquistato dal mercato nel 2003 lo era «almeno temporaneamente»), come peraltro dimostra la flessione del totale dei lettori dell’ultimo anno (-1%), tuttavia si assiste a un peso differente delle varie tipologie di lettori. Quelli medi e medio-forti si rafforzano (ciò che avviene nei mercati più maturi), ma sembra anche esserci un certo passaggio dai lettori morbidi ai deboli e viceversa, una sorta di osmosi. Una quota dei deboli potrebbe essersi limitata ad accumulare qualche volume di reference senza consultarlo, oppure consultandolo senza identificare il gesto come lettura, e quindi finendo momentaneamente confinata fuori del perimetro dei lettori. Sull’altro fronte, è presumibile che parte dei morbidi sia confluita nei deboli, riconoscendo quindi nel volume allegato un libro «più libro» rispetto alle collane tradizionali dell’edicola – e cominciando, forse, un cammino più deciso verso una lettura consapevole.
Il successo maggiore dell’allegato, almeno dal punto di vista di questa analisi, è di essere riuscito a far convergere su di sé, e far incontrare tra loro, lettori tanto diversi; successo cui la collana sembra avere dato un grosso contributo: sia per quanti si affidano all’autorevolezza del brand, sia per chi avverte maggiormente la spinta a completare la collezione, sia per coloro che riconoscono caratteristiche simili a precedenti acquisti librari.
Nonostante ciò, il settore delle vendite congiunte ha vissuto nel 2007 il suo anno più nero: le copie vendute calano di oltre il 24 %, il numero dei titoli si dimezza e la perdita in valore ammonta al 7,5% (fonte: Ufficio studi Aie). Per alcuni si tratta di una crisi senza ritorno, almeno per quanto riguarda l’allegato librario, per altri è solo una fase ciclica, per altri ancora è una fisiologica contrazione, segno di maturità del mercato, oggi più selettivo. Quale che sia il futuro dei libri collaterali, anche se sembra più probabile l’ultima di queste ipotesi, qui importa soprattutto mettere a fuoco il cambiamento che essi hanno messo in atto nella diversa percezione dell’edicola. «Le vendite congiunte» afferma Giampiero Labò, vicepresidente nazionale Snag (Sindacato nazionale autonomo giornalai) e proprietario di un chiosco nel centro di Milano «hanno creato nel lettore l’abitudine a trovare in edicola opere non solamente di genere, libri hardcover di buona qualità a un prezzo piuttosto conveniente.» E, si può aggiungere, un’offerta molto più elevata rispetto al passato. Negli ultimi anni la trasformazione delle edicole, chioschi e negozi è evidente persino a chi non le frequenti con eccessiva abitudine: tappezzate dei libri più vari, ma anche di cd, dvd, cd-rom, fascicoli, e poi naturalmente riviste e quotidiani, le edicole sono diventate delle piccole librerie di strada. Come gli editori, si sono adattate in risposta a lettori sempre più multimediali e, nello stesso tempo, grazie alla loro diffusione sul territorio (se ne contano oltre 40mila) sono state in grado di raggiungere una quantità di lettori, o potenziali lettori, con una capillarità impensabile per gli altri punti vendita. Pur nelle contraddizioni che emergono dalla disamina delle diverse indagini (stando a Ipsos la vendita di allegati sarebbe maggiore al Nord, mentre per Istat essa prevarrebbe al Sud), i dati testimoniano una migliore capacità dei diversi canali di raggiungere i lettori ovunque si trovino. Dal 2001/2002 al 2006 aumenta la percentuale di lettori – soprattutto medi e forti – nei centri metropolitani, com’era da aspettarsi dal quadro complessivo, ma anche di quelli forti nei comuni più piccoli e della base dei lettori nelle periferie urbane – con un più netto incremento dei deboli – e nei comuni piccoli e medi, dove si può notare una lieve crescita dei lettori medi (fonte: Istat). Sebbene questi risultati non si debbano esclusivamente all’edicola, tuttavia essa non gioca un ruolo irrilevante nella partita se si considera che anche nel 2007, anno difficile per i collaterali, si è confermata il secondo canale di vendita di prodotti editoriali e correlati (fonte: Ufficio studi Aie). Del resto non è per caso che, dopo le librerie in franchising (partite una decina d’anni fa e destinate a comuni attorno ai 40/50mila abitanti), Mondadori abbia lanciato alla fine del 2004 «Edicolè»: negozi/edicole (più raramente chioschi) in franchising, con una metratura ampia, un vasto assortimento di libri, oltre a quotidiani, periodici e cartoleria, esplicitamente rivolti ai piccoli centri e ad alcuni quartieri delle grandi città, come quelli meno forniti oppure, al contrario, quelli di maggior passaggio.
L’edicola, piccola libreria di strada, sembra quindi aver trovato oggi la sua dimensione e il suo ruolo come negozio di prossimità, nel quale l’acquirente più forte – che andrà poi a fare la «spesa grossa» dove l’offerta è maggiore, più lontano oppure online – può trovare ciò che lo interessa tutti i giorni (e a orari assai elastici), e quello debole incontra un prodotto del quale altrimenti non andrebbe in cerca. Negozio di prossimità, o superette, che – ottime notizie per gli edicolanti e per i lettori – anche recentemente ha dimostrato nel nostro paese una buona tenuta, nonostante la diffusione crescente degli ipermercati (indagine Nielsen sulla struttura distributiva, 2007).